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News ecologia  23/03/2011 

FUKUSHIMA: INFORMAZIONI SULLE CENTRALI NUCLEARI

I fatti recenti del Giappone hanno riacceso la polemica sul nucleare, anche in Italia. 
E' un argomento che non si può semplificare perché coinvolge la fisica, l'ingegneria, la questione rifiuti, l'economia e la medicina.
Vorremmo con questo articolo darvi alcune informazioni sul nucleare in maniera semplice, ma oggettiva. 
La fonte di queste informazioni, in continuo aggiornamento, è http://www.keplero.org (blog dell'astrofisico Amedeo Balbi).

1. Il reattore nucleare e l'energia nucleare 

Un reattore nucleare produce energia attraverso reazioni controllate di fissione che consiste nella rottura di un nucleo pesante in due nuclei più leggeri, usando - in genere - uranio come combustibile. Il combustibile è racchiuso, sotto forma di barre, all'interno di un nocciolo, schermato adeguatamente dal resto dell'impianto, tramite più contenitori di metallo e cemento armato inseriti "a cipolla".

La reazione a catena funziona - schematicamente - così: un neutrone colpisce un nucleo di uranio che si spezza in due producendo altri neutroni; i neutroni prodotti vanno a colpire altri nuclei di uranio, e così via. Perché la reazione si auto-sostenga, c'è bisogno di un moderatore, ovvero un materiale che rallenti i neutroni prodotti: nella maggior parte dei reattori, si usa come moderatore semplice acqua. 

Il calore prodotto nella reazione di fissione scalda dell'acqua e il vapore prodotto alimenta delle turbine elettriche. Il reattore è quindi in un certo senso una normale centrale elettrica a vapore, ma il calore è prodotto dalle reazioni di fissione nel nocciolo.

2. Che cosa fare in caso di emergenza?

La prima cosa da fare è interrompere la reazione a catena, assorbendo i neutroni prodotti e impedendo che essi scindano altri nuclei di uranio. Per farlo, si usano barre di controllo fatte calare nel nocciolo. Nei reattori moderati ad acqua, inoltre, se viene a mancare l'acqua (e quindi il raffreddamento) nell'impianto, la reazione a catena cessa immediatamente. Anche dopo la cessazione della reazione, però, il nocciolo resta caldo. Il motivo è la radioattività residua, sia nel combustibile che nel materiale di scarto. Quindi, bisogna eliminare in qualche modo il calore residuo per evitare che esso fonda il materiale del nocciolo del reattore. Per questo motivo, una delle principali cause di preoccupazione in caso di emergenza è il mantenimento di un adeguato meccanismo di raffreddamento del nocciolo

3. Può un reattore nucleare esplodere come una bomba atomica?

No. I reattori per uso civile impiegano uranio non arricchito (o solo leggermente arricchito), in cui la percentuale di uranio fissile è molto bassa. Per ottenere un'esplosione nucleare è necessaria una massa critica di materiale fissile che, semplicemente, non è presente nei reattori civili. Naturalmente, l'edificio che contiene il reattore può esplodere per altre cause. In fase di progettazione, quindi, vanno prese tutte le precauzioni perché il nocciolo e le strutture di contenimento siano il più possibile resistenti, in modo da non esporre il combustibile, rischiando di contaminare l'ambiente

4. Cos'è la "fusione del nocciolo"?

Lo scenario più temibile in caso di incidente è che il combustile e il materiale radioattivo presenti nel nocciolo contaminino l'ambiente esterno. Per arrivare a questo punto devono venire a mancare i vari livelli di contenimento, e in particolare deve cedere l'involucro del nocciolo. Quest'ultimo è l'evento a cui i media si riferiscono talvolta come "fusione del nucleo", generando confusione con il concetto, completamente diverso, di fusione nucleare: in realtà, in questo caso si tratta di fusione di tipo ordinario, ovvero dello "squagliarsi" del nocciolo (in effetti, il termine informale inglese è "meltdown") che può - nell'ipotesi peggiore - "colare" raggiungendo la base del reattore, eventualmente penetrando nel terreno e contaminando l'ambiente. Il meltdown non implica però di per sé necessariamente lo spargimento di sostanze radioattive nell'ambiente esterno. È uno degli esiti potenziali, ma dipende da una serie di altri fattori concomitanti, come la resistenza, o meno, degli altri livelli di contenimento del reattore. In ogni caso, dopo un meltdown, la rimozione del materiale del nocciolo può diventare proibitiva o impossibile, e potrebbe essere necessario sigillare permanentemente l'interno del reattore. 

5. Cosa successe a Chernobyl?

Il reattore di Chernobyl non era schermato da nessuna struttura di contenimento. Inoltre, il reattore era moderato a grafite, non ad acqua. Se in un reattore moderato a grafite viene a mancare l'acqua di raffreddamento, si ha un aumento dell'efficienza della reazione a catena. Nel reattore di Chernobyl, un iniziale surriscaldamento del combustibile portò all'evaporazione dell'acqua di raffreddamento e a una reazione a catena incontrollata. L'esplosione che ne seguì sparse il combustibile nell'ambiente e fece cessare la reazione a catena: ma nel frattempo la grafite aveva preso fuoco, creando una nube di materiale radioattivo. La mancanza di un'adeguata struttura di contenimento intorno al reattore rese possibile la contaminazione di un'area molto ampia. Quello di Chernobyl è un caso in cui una totale dissennatezza, tanto in fase di gestione che di progettazione della centrale, portarono a un esito catastrofico.

6. Cosa successe a Three Mile Island?

Nell'incidente di Three Mile Island, del 1979, in seguito a una serie di errori nella gestione dell'impianto di raffreddamento, si arrivò alla fusione parziale del nocciolo. Il nocciolo fuso, entrando a contatto con l'acqua di raffreddamento, rilasciò gas radioattivi all'interno del reattore. Il contenimento esterno della centrale resse,  ma una parte dei gas prodotto nel nocciolo fu liberata dai tecnici nell'ambiente per tenere sotto controllo la pressione: la contaminazione radioattiva fuori del reattore fu minima, al di sotto dei livelli di fondo ambientali. 

7. Cosa sta succedendo a Fukushima?

La natura della situazione è simile a quella di Three Mile Island, e non può essere in alcun modo assimilata a quella di Chernobyl, per le differenze nella concezione dei reattori giapponesi. 
Schematicamente: con il terremoto e soprattutto con il successivo tsunami è venuto a mancare il sistema di refrigerazione in alcune delle centrali. I tecnici hanno provato a tenere bassa la temperatura nel nocciolo prima usando generatori di emergenza per alimentare il sistema di refrigerazione, poi pompando direttamente acqua di mare. Il rifornimento di acqua deve essere continuo, perché essa evapora a contatto con il combustibile caldo. L'aumento di pressione all'interno del nocciolo è stato compensato facendo fuoriuscire idrogeno verso l'esterno. L'idrogeno è altamente infiammabile, e il suo accumulo nella parte esterna dell'edificio del reattore ha causato le esplosioni che hanno distrutto le strutture esterne, ma non, a quanto pare, i contenimenti interni in cemento e metallo. È presumibile che l'abbassamento del livello di acqua nel nocciolo abbia esposto le barre di combustibile che, non più raffreddate, potrebbero aver iniziato a sciogliersi. 
Quali siano le conseguenze dell'eventuale meltdown parziale è ancora da capire. 

Che succede ora?

In caso di incidente a una centrale, la preoccupazione per la salute della popolazione viene dall'eventuale contaminazione dell'ambiente da parte di sostanze radioattive. 

A questo proposito, vanno chiarite un po' di cose: 

1) Ci sono le sostanze radioattive e ci sono le radiazioni. Le sostanze radioattive (come l'uranio, appunto) quando si scindono, emettono radiazioni, che possono essere di vario tipo: fotoni o altre particelle ad alta velocità. Il danno biologico deriva dalla capacità di queste particelle di penetrare nel corpo e danneggiare le cellule. Le cellule hanno, in parte, la capacità di auto-ripararsi, ma se il danno supera una certa soglia si possono avere conseguenze serie.
 
2) Non tutte le radiazioni sono dannose allo stesso modo. Esiste, ad esempio, un livello medio di radiazioni ambientali cui l'organismo è esposto continuamente, e che riesce a tollerare. Così come esistono ovunque materiali radioattivi nell'ambiente intorno a noi, che non emettono un livello di radiazioni abbastanza alto da essere un rischio per la salute. Bisogna quindi stabilire dei criteri, che sono criteri statistici: ovvero, essere esposti a una certa dose di radiazione, per un certo intervallo di tempo, aumenta di una certa percentuale la possibilità di danni a lungo termine.
 
3) Non tutti gli elementi radioattivi sono dannosi allo stesso modo, sia per la quantità e il tipo di radiazioni che emettono, sia per la durata della loro capacità di emettere radiazioni. Quest'ultima è legata al "tempo di vita medio" dell'elemento. Elementi come l'uranio, che hanno tempi di vita medi lunghissimi, sono quindi più pericolosi di elementi come il sodio-24, che ha tempi di vita di poche ore. 

4) Più ci si allontana da una sorgente radioattiva, più diminuiscono le radiazioni. Se però l'organismo ingloba (per esempio per ingestione) una sostanza radioattiva, non può sottrarsi al bombardamento da radiazioni
Si può parlare allora  di "contaminazione": non dalle radiazioni, ma dagli elementi radioattivi. La contaminazione richiede il contatto diretto con l'elemento radioattivo, non la semplice esposizione alle radiazioni. 

Un ultima notizia: la stampa ha diffuso la notizia che sono stati trovati elementi radioattivi, cesio-137 e iodio-131, in alcuni campioni di latte e di spinaci nelle aree circostanti le centrali di Fukushima, e ne è stata vietata la vendita e il consumo.
Giustissima precauzione da parte delle autorità giapponesi. Quello che stampa e tv italiane non vi danno, sono dei punti di riferimento perché possiate valutare la gravità della contaminazione. Cosa che invece fa la stampa giapponese. Secondo le stesse autorità che hanno dato l'allarme, se qualcuno bevesse per un anno intero quel latte, riceverebbe la stessa quantità di radiazioni ricevuta quando si viene sottoposti a una TAC. 
Un anno di dieta a base di quegli spinaci, invece, corrisponderebbe a un quinto delle radiazioni assorbite in una TAC.






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